L’inquinamento danneggia polmoni e cuore. Attuare i piani di qualità dell’aria

Photo credit: guilherme cecílio / Foter / CC BY-NC-SA

Di certo non sorprende la notizia di un nuovo studio sugli effetti dell’inquinamento ambientale, ma quello pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet  dimostra con accuratezza la relazione tra emissioni in atmosfera e rischi tumorali, sottolineando come la contaminazione del nostro ambiente non rientri ancora nei testi di studio di medicina come causa di cancro ai polmoni. Eppure, come dimostra lo studio, rappresenta, così come il tabacco, una seria minaccia alla salute.

Le particelle sospese nell’aria, come le PM2,5, le PM10, l’ossido di azoto e l’ozono troposferico, sono state regolate dall’Unione Europea negli anni settanta che ne ha imposto un limite massimo consentito, ma restano causa di morte di milioni di persone ogni anno in tutto il mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Queste particelle in realtà sono pericolose non solo quando i livelli sono alti ma perfino quando sono inferiori ai valori limite imposti dall’Unione Europea, se l’esposizione è prolungata, sviluppando in alcuni casi il rischio di cancro ai polmoni, in particolare del sottotipo adenocarcinoma polmonare.

Dalle analisi è emerso che per ogni aumento di cinque microgrammi per metro cubo di inquinamento di PM2,5, il rischio di cancro ai polmoni aumenta del 18 per cento e per ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo di PM10 il rischio di cancro passa al 22 per cento.

Ma il pericolo potrebbe coinvolgere anche il cuore. Un altro studio realizzato dall’Università di Edimbrugo ha sottolineato infatti come la riduzione di 3,9 microgrammi per metro cubo dei livelli di contaminazione potrebbe prevenire 8.000 ricoveri per insufficienza cardiaca ogni anno solo negli Stati Uniti. Anche in questo caso sebbene il ruolo dell’inquinamento ambientale sia ben noto come fattore di rischio per attacchi di cuore, lo è meno nel valutare anche gli effetti che può avere su pazienti con problemi cardiovascolari, come insufficienza cardiaca.

Le legislazione europea ha fissato il limite a 40 microgrammi di PM10 per metro cubo l’anno e di 25 microgrammi di PM2,5. Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che il valore massimo delle particelle più piccole non superi 10. Ma di sicuro ci vuole un impegno diverso da parte di ogni singolo Paesi nel rispetto di tali limiti e la legge, in vista di questo nuovo allarme, dovrebbe di sicuro essere rivista e modificata, considerando anche l’enorme risparmio che si avrebbe per le spese sanitarie.

Nel 2006/2007 cercai di obbligare tutte le regioni a completare e attuate i piani di qualità dell’aria anche minacciando di commissariale, ma mi accusarono di esagerare.

Dopo anni ancora in molte zone, specie nella pianura padana, ma non solo, non sono state davvero ridotte le emissioni e dove è accaduto, ciò è dovuto più alla riduzione di alcune attività inquinanti a causa della crisi economica che non a quella riconversione ecologica di società ed economia.

Ma non possiamo mollare e queste nuove evidenze scientifiche confermano che ‘esagerano’ coloro che rassicurano troppo, non chi si preoccupa.

Eppure una buona salute dipende sopratutto da un ambiente sano e pulito cui tutti noi siamo esposti. L’aria deve essere ripulita nel rispetto di tutti.

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