Usa e Cina: un passo avanti ma trasparenza sulle cifre

L’indignazione dell’opinione pubblica mondiale e la dura reazione dell’Unione europea hanno costretto Obama e Wen Jiabao a tentare di recuperare dopo l’assurda decisione delle scorse settimane di delegittimare la Cop15, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici che si terrà dal 7 al 18 dicembre a Copenhagen.

È importante che entrambi i leader abbiano annunciato la loro presenza nella capitale danese, ma occorre guardare bene dietro la riduzione delle emissioni che si sono impegnati a rispettare.

Gli obblighi annunciati dagli Stati Uniti sono quelli di diminuire le emissioni di gas ad effetto serra del 17 per cento entro il 2020, un taglio rispetto al 2005 ma in questo modo viene meno l’impegno di ridurre le emissioni rispetto ai livelli del 1990, come previsto dal protocollo di Kyoto. Il 17 per cento diventa, dunque, un 4 per cento rispetto al 1990. Molto meno della decisone dell’Unione europea di ridurre del 20 per cento entro il 2020 le emissioni di Co2 rispetto al 1990.

Riguardo all’annuncio del governo cinese di diminuire del 40 per cento entro il 2020 le emissioni per unità di prodotto interno lordo, bisogna chiedersi quale sarà la reale quantità di riduzione totale delle emissioni di Co2 di fronte a un aumento della produzione industriale.

È importante, in ogni caso, che Usa e Cina partecipino al vertice per prendere un impegno concreto e chiaro. È necessario che gli obiettivi siano coerenti ai dati scientifici disponibili.

Fa tristezza vedere, in questo clima di rinnovata leadership europea, il patetico tentativo del governo italiano di rifiutare un “Kyoto2”, ovvero un nuovo accordo vincolante. In primo luogo perché l’Italia è un paese tecnologicamente ed economicamente avanzato, e dovrebbe investire nella green economy invece che frenare. In secondo luogo perché in sede Onu la trattativa viene svolta dall’Ue e non dai singoli Stati membri, e quindi questa posizione italiana di retroguardia non influirà sulla decisione già annunciata dall’Ue.

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