Pecoraro Scanio: “Macché crisi politica, la vera emergenza è quella climatica”

L’ex ministro dell’Ambiente lancia l’allarme a Linkiesta: “Non ci deve preoccupare il clima politico ma quello atmosferico, perché si sta modificando con una velocità impressionante. Bisogna dichiarare al più presto l’emergenza climatica. L’Italia deve diventare 100% rinnovabile entro il 2030”.

Era già un ecologista quando la lotta al cambiamento climatico veniva considerata una materia da catastrofisti. Alfonso Pecoraro Scanio è stato nei primi anni Duemila il leader dei verdi italiani. Una stagione politica fortunata in cui quel partito riusciva a eleggere parlamentari e a influenzare l’agenda politica. Greta Thunberg non aveva ancora compiuto 3 anni quando Pecoraro Scanio è diventato il ministro dell’Ambiente nel 2006. E proprio da quel dicastero fu il primo a lanciare la sfida dell’emergenza climatica, organizzando una storica conferenza sul clima a Roma nel settembre del 2007. Dodici anni dopo l’ambientalismo è diventato più pop, Greta attraversa l’Oceano Atlantico in barca per dimostrare che si può inquinare di meno e luglio è stato il mese più caldo nella storia dell’umanità. L’unica cosa che non cambia mai è la crisi di governo in Italia. A Linkiesta l’ex leader dei Verdi chiede che il nuovo esecutivo approvi un nuovo piano per combattere il cambiamento climatico. Non importa di che colore politico, se si formerà martedì o dopo le elezioni. Ormai non c’è più tempo da perdere. «Non ci deve preoccupare il clima politico ma quello atmosferico, perché si sta modificando con una velocità impressionante. Bisogna dichiarare al più presto l’emergenza climatica».

Pecoraro Scanio, il problema è che ancora non c’è un governo.
Vedremo. Sia Conte che Zingaretti hanno parlato di un impegno ecologista per una transizione energetica seria. E ce n’è bisogno perché finora tutti I governi degli ultimi anni, compreso l’ultimo, non hanno ancora investito sufficientemente sul rilancio serio dell’energia rinnovabile.

Ecco, tra il decalogo presentato ieri da Di Maio e i cinque punti di Zingaretti per trattare col M5S ci siamo persi coi numeri.
Diciamo le prime cose che dovrebbe fare il nuovo governo per risolvere l’emergenza climatica. Primo, bisogna affrontare con decisione il tema della transizione energetica che punti a una produzione diffusa e non allo sviluppo di mega impianti. L’Italia deve diventare 100% rinnovabile entro il 2030. Poi non è detto che bastino dieci anni per raggiungere l’obiettivo. Magari ci metteremo qualche anno in più, ma Il nostro Paese deve porsi un traguardo ambizioso.

Vasto programma direbbero i maligni. Come si inizia?
Tagliando progressivamente tutti i sussidi ai combustibili fossili, il più presto possibile. Da ministro feci tagliare il “Cip6”, uno dei più scandalosi contributi ai fossili che lo Stato elargiva all’epoca. Coi soldi delle rinnovabili finanziavano le raffinerie di petrolio e gli inceneritori. Però si è interrotto questo percorso ambientalista e ancora oggi in Italia i combustibili fossili ricevono più contributi di altri settori.

Perché?
Perché la forza delle lobby petrolifere è molto potente, mentre non esiste quella delle rinnovabili. Gli imprenditori di questo settore in crescita non sono mai stati capaci di creare una vera rete per far valere le loro ragioni.

Le energie rinnovabili sono tante e i fondi purtroppo sono scarsi. Non si possono aiutare tutte allo stesso modo. Su quale punterebbe di più?
Sull’energia solare. Perché presenta meno problemi rispetto allo sviluppo dell’eolico, della geotermia o delle biomasse. Bisogna puntare a renderla sostenibile e diffusa su tutte le superfici utili già costruite, evitando il più possibile il solare a terra che potrebbe danneggiare l’agricoltura. Per questo i pannelli a terra dovranno essere inseriti solo nelle aree non fertili del Paese, come le petraie. Ma non dimentichiamo gli investimenti per l’uso dell’idrogeno, utile per la mobilità sostenibile.

Non si vive di sole rinnovabili. Cos’altro dovrebbe fare il futuro governo per combattere il cambiamento climatico?
Puntare sulla bioeconomia circolare. Serve un grande investimento sull’agricoltura che deve essere sempre più biologica. Ma abbiamo bisogno anche di un piano serio per adattarci ai cambiamenti climatici. Tradotto: aumentare gli investimenti per evitare il dissesto idrogeologico, cambiare i regolamenti edilizi e urbanistici tenendo conto delle mutate condizioni atmosferiche. Il clima è cambiato e continuerà a farlo.

Questa estate così calda ce la ricorderemo a lungo.
Per non parlare di quello che potrà capitare in autunno. L’anno scorso, non un secolo fa, l’Italia è stata attraversata da una tempesta tropicale che ha provocato morti da Belluno alla Sicilia. Già nel 2007 denunciammo che la temperatura in italia negli ultimi 50 anni era aumentata più che nel resto del mondo e in particolare il riscaldamento delle acque del Mar Mediterraneo. Delineammo le cose da fare per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Sentivamo l’esigenza di adattare la nostra società a convivere con questi fenomeni atmosferici per evitare vittime e feriti lungo il percorso. Vogliamo meno lutti e meno danni.

Come si fa ad evitarli?
Per esempio potremmo riformare i sistemi di allerta meteo. Partiamo da come si comunicano degli eventi atmosferici che fino a pochi anni fa non accadevano in Italia. Non si deve dire “maltempo” quando c’è una tempesta tropicale. Bisogna chiamare le cose col loro nome. Già da questo autunno in tv bisognerebbe dire ai cittadini di non uscire di casa in caso di tempesta tropicale, perché gli alberi possono cadere in testa. Un po’ come fanno gli americani quando c’è un uragano. Perché se un cittadino sente al telegiornale che c’è il maltempo al massimo esce con l’ombrello e invece rischia la vita.

A sentirla sembrerebbe il perfetto ministro di un governo ambientalista. Le piacerebbe tornare al governo?
Ho fatto attività di governo dalla mia città natale quando avevo vent’anni fino a fare due volte il ministro. Non ho mai smesso la mia attività politica. Se ci fosse un progetto importante non lo escluderei. Certo, in un governo con la Lega non avrei mai accettato.

E in uno con il Partito democratico e Liberi e uguali?
Se fosse credibile il programma e qualcuno me lo chiedesse lo valuterei. Ma in questa fase della mia vita mi piace dare un contributo al Paese anche come una persona attiva nella società civile. L’ho dimostrato nel fare iscrivere la pizza a patrimonio Unesco o nel tutelare l’isola di Budelli.

Perché secondo lei il ministero dell’Ambiente è sempre stato considerato irrilevante?
Un’idea me la sono fatta durante i due anni del mio ministero. Ho dato talmente fastidio alle lobby dei fossili e del cemento, che i poteri anti ambientalisti” italiani hanno fatto in modo di anestetizzare il dicastero dell’Ambiente. I governi successivi hanno ridotto la struttura, tagliato i fondi e scelto dei ministri con poco spessore politico. E probabilmente anche gli attacchi furibondi e i dossier creati contro di me per la mia politica ultra ambientalista sono stati un monito per i miei successori che magari avevano voglia di fare qualcosa di coraggioso. Ma non solo questo.

Cos’altro?
Ero anche presidente di un partito determinante per la tenuta del governo (I verdi, ndr). Per questo ho potuto fare una serie di cose nonostante gli alleati del centrosinistra non fossero entusiasti. Per esempio quando ho fatto il conto energia per le rinnovabili, il ministero guidato da Pierluigi Bersani frenava.

Cosa ne pensa del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa?
Non vorrei essere accusato di essere di parte perché Sergio era nella mia segreteria quando ero ministro dell’Agricoltura nel 2000. Lo considero un vero ambientalista e una brava persona. Ha dimostrato da dirigente del Corpo Forestale dello Stato di essere una persona attiva nella campagna per la terra dei fuochi. Però la sua attività è stata frenata dal fatto che il M5S ha fatto un’alleanza con una delle forze meno ambientaliste che c’è: la Lega il cui leader Salvini proponeva un inceneritore in ogni provincia.

Ci tolga un ultimo dubbio: perché alle ultime elezioni europee i Verdi hanno vinto in molti Paesi europei ma in Italia hanno preso il 2,32%?
Da sempre in tutto il Sud Europa solo in Italia i Verdi hanno ricoperto ruoli di governo. Poi è vero in Germania i Die Grünen hanno fatto un grande risultato ma ricordiamoci che i tedeschi sono molto indietro nella lotta agli Ogm rispetto all’Italia. Hanno porcilaie da milioni di animali mentre noi abbiamo mantenuto norme rigidissime. I Verdi italiani hanno evitato le centrali nucleari mentre i tedeschi ancora non le hanno chiuse. A volte sottovalutiamo le ottime performance che noi, con percentuali sicuramente più basse, abbiamo avuto condizionando le alleanze di governo.

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